sabato 22 novembre 2008

Il segno che parla

In attesa del tg nazionale ho seguito un programma di intrattenimento al quale partecipavano dei giovani studenti universitari e ad una domanda posta alla giovane studentessa su cosa pensasse della morte così rispondeva “ vorrei lasciare a chi resta un segno del mio passaggio una traccia della mia esistenza” …questa risposta semplice e matura mi ha disorientata sorpresa tanto da sentirmi chiamata a condividerne il messaggio oltremodo profondo e quanto mai profetico.
Messaggio che i nostri ragazzi dell’onda in modo impressionate e subitaneo hanno colto e interpretato inconsapevolmente.
Non comprendere che la vita di ognuno come la vita degli animali delle piante delle acque delle profondità sia patrimonio del nostro passaggio che le lacrime della sofferenza la gioia della conquista siano ricchezza della nostra storia, che i silenzi della nostra dell’impotenza che ci serra il cuore in una morsa di angoscia e rabbia siano scintille della nostra passione significa non conoscere il valore della verità.
La nostra appartenenza al mondo non è una scelta ma un'offerta, un dono gratuito e come tale va accolto non da proprietari ma semplici affidatari per ricavarne quel benessere da consegnare ai futuri compagni di viaggio.
Chiudere occhi mente e cuore consegnare la propria libertà alla cupidigia di un centauro che non ascolta ma denigra offende inganna, significa consegnare le nostre speranze al disfacimento alla rabbia al rancore al tormento alla paura del nulla con rischio davvero imprevedibile.
Sembra che una cortina di sfavillante nullità abbia contrabbandato il senso del limite con l’onnipotenza, non ci si accorge che il castello merlato di un liberismo lussurioso materiale e spirituale e mediatico esala l’ultimo respiro sotterrato dalle macerie della propria nefandezza e putridume .
Non comprendere che l’onda che ha invaso spontaneamente le strade delle città, risvegliato i torpori dei nostri cuori sia la speranza ritrovata e incarnata del nitore, del ritorno al mondo reale alla concretezza degli obiettivi vuol dire consegnare agli appetiti mediatici alle fauci dell’edonismo sfrenato tutta la nostra gioventù, l’investimento del loro futuro la serenità della nostra vecchiaia.
In realtà questa rumorosa e numerosa onda di pensiero altro non ha fatto che lanciare una richiesta di aiuto, gettare una gomena di ancoraggio verso quel mondo adulto vissuto ancora come padre fratello compagno amico ma quel mondo adulto accecato dall’orgia del potere nella assoluta mancanza di ascolto, intriso da un prestigio da difendere, ha ritenuto di rigettare offendere calunniare riducendo tale manifestazione a chiacchiericci politici a mere ideologie e decidere pertanto con la supponenza del padre- padrone che lo distingue che sarà il potere giudiziario a colpire tacitare l’onda …
Quel potere che dice di avere a cuore le sorti delle nostre generazioni lascia che l’onda che le incarna affoghi nel tradimento la loro ricchezza o meglio la nostra ricchezza e perde così l’ultima occasione di ravvedimento.
Così non sarà cari governanti abbarbicati sulla colonna della prepotenza, sino a quando uomini e donne ricercheranno un’etica globale di valori universali della condivisione della solidarietà della cultura il tessuto della nostra esistenza renderà quel deserto arido terreno fertile copioso, capace di abbattere il mostro della cieca ignoranza.
Le parole di don Milani, il maestro degli ultimi, concludono la mia riflessione “ Bisogna che il fine sia onesto. Giusto. Il fine giusto è dedicarsi al prossimo. E in questo secolo come lei vuole amare se non con la politica o col sindacato o col la scuola? Siamo sovrani. Non è più il tempo delle elemosine, ma delle scelte.”

martedì 18 novembre 2008

sana invidia


Mentre per un verso mi sono sentita partecipe del turbinio di emozioni che il popolo americano viveva e trasmetteva al mondo intero per la vittoria del candidato Obama per l’altro verso mi sono ritrovata fragile inquilina di una realtà nostrana egoista ipocrita facilona che rigettavo con tutta me stessa.
Afferrata da quel sussulto di speranza di entusiasmo capace di risvegliare sentimenti assopiti un sentimento di sana invidia ha invaso il cuore e tutto il mio essere mi si è rivoltato contro colpevole per aver permesso che questa realtà amara travolgesse la mia esistenza e due lacrime mi sono scivolate calde sulle gote senza che neanche me ne accorgessi.
Intanto la figura slanciata sicura del neo presidente Obama insieme alla famiglia festante incredula in una disarmante semplicità guadagnava il palco della vittoria più sofferta incredibile partecipata della storia del popolo americano e apriva un nuovo inedito scenario sul palcoscenico del mondo intero.
A me non restava che leccare la ferita della mia sconfitta ormai da troppo tempo aperta che non riesce a rimarginare e che curo nella più mera solitudine……possibile, mi ripeto, non riuscire a riprodurre anticorpi per combattere le asfittiche pedisseque miserie partitiche, vergognosamente egoistiche, spudoratamente ingannatrici, deleterie per la formazione dei nostri ? dove è svernato il naturale buon senso della nostra cultura popolare?
Questo esultante popolo, per la scelta coraggiosa effettuata, giovane rispetto alla vecchia Europa, variegato per cultura colore religione, consapevole testimone dei valori universali, ha inviato un messaggio chiaro al mondo intero non può esserci giustizia sociale se non si apre il cuore all’ascolto dei popoli tormentati dalla fame succubi di una guerra non voluta, dove ogni giorno vissuto è un attimo strappato alla morte.
Non ci è concesso di sperare nella pace se non verranno abbattute barriere ideologiche di indifferenza sopraffazione , non si potrà garantire una vita vivibile se non verranno promosse le richieste ambientali non più procrastinabili, se le smanie di onnipotenza non si convertiranno al rispetto della persona all’ascolto dei bisogni alla ricerca del dialogo, se non sarà praticata la via dell’umiltà della giustizia del rispetto.
Abbandonata la spudorata cupidigia dell’avere incamminati verso Damasco sarà possibile raggiungere il reale sviluppo economico culturale religioso che accomuna sostiene valorizza rivestire di dignità ogni persona che calchi il palcoscenico della vita.
In questa precarietà assoluta dove sembra mera chimera sperare in un mondo “con l’uomo per l’uomo” la vittoria di Obama esprime quella cosciente responsabilità, fermezza, coraggio, audacia relegate ai sottoscale della coscienza e mi riporta alla mente la storia della nostra gente, povera umile orgogliosa, testimone di quella lontana emigrazione contrassegnata da valigie di cartone, cappotti rivoltati, scarpe consunte, file di donne che per ottenere l’unico pane nero da posare su un desco sempre più povero aspettavano il turno su marciapiedi mal ridotti, donne silenziose eroiche pronte a condividere sino in fondo la sorte dei propri uomini esposti ad ogni sorte di pericolo e oltraggio.Allo stesso modo la stessa memoria mi ha riportato l’altra storia quella meno gradevole che vorremmo cancellare intessuta di tradimenti, repressioni, vendette fratricide che cerca una sorta di giustificazione nelle paure, nella fame, nella miseria culturale di quei momenti bui … eppure tra tradimenti e vergogne la presenza di figure eroiche testimoni di libertà sono emerse dalla normalità taciuta ed hanno temperato sgomento vergogna vendetta.
Il cambiamento ricercato e raggiunto non per magia ma per maturità culturale dal neo presidente Obama vsi propone di scompaginare i giochi imposti e restituire al mondo la sacralità della persona a qualsivoglia razza cultura appartenga riconoscere alla salvaguardia ambientale la potenziale armonia per un vivere sano rispettoso copioso di alimenti ricco di bellezza e suggestione.
Mentre il vento della speranza conquista il cuore del popolo americano sotterra l’ascia di guerra il nostro governo nella persona più rappresentativa ha ritenuto giusto mettere tutto in farsa …un bel silenzio non fu mai scritto.